Shekhovtsov è uno dei più grandi esperti di rapporti tra il Cremlino e i populisti occidentali. Qui ci spiega dettagli e ambizioni
Di Maurizio Stefanini
Roma. “Nel lungo periodo il grande sogno geopolitico del nazionalismo russo sarebbe quello di sostituire all’Unione europea alleata con gli Stati Uniti una nuova Eurasia che vada dalla costa atlantica dell’Europa a Vladivostok, e di cui la Russia sarebbe egemone. Nell’immediato, però, Putin semina zizzania in occidente soprattutto a scopo difensivo”. A spiegarlo al Foglio è Anton Shekhovtsov, politologo ucraino, visiting fellow all’austriaco Institute for Human Sciences, uno dei più importanti esperti europei nel campo delle relazioni tra il Cremlino e i movimenti populisti. Shekhovtsov è a Roma per il convegno a cura dell’Atlantic Council e dell’Istituto Gino Germani di Scienze sociali e studi strategici sulla strategia di influenza della Russia in Europa, e dice: “Putin è un ex agente del Kgb, ma come è stato spesso detto in realtà un agente del Kgb non è mai un ex. C’è un prontuario di ‘misure attive’ che i manuali del Kgb elencavano per agire contro l’occidente, e Putin segue il manuale. Come l’occidente ha destabilizzato l’Unione sovietica fino a farla implodere, così potrebbe destabilizzare anche il suo regime. Per evitarlo, cerca di agire in anticipo”.
Shekhovtsov ha studiato in profondità le relazioni con i movimenti di estrema destra – a settembre uscirà il volume “Russia and the Western Far Right: Tango Noir”, per l’editore londinese Routledge – e ci tiene a definirsi “uno scienziato politico che si occupa di evidenze e non di rumors”: piuttosto che agitare scenari complottisti preferisce ridimensionare. Del Fronte nazionale francese spiega che “non è corretto dire che è stato finanziato dalla Russia. Ha ricevuto soldi in prestito, ma dovrà restituirli. La prova più forte di un finanziamento riguarda solo un gruppuscolo di estrema destra polacco non molto influente”. Anche sull’Olanda Shekhovtsov puntualizza: “Il Pvv di Wilders in realtà non è filo russo, anche se i suoi eurodeputati per disciplina di gruppo votano le risoluzioni pro Putin di un nocciolo duro costituito da Front national, Lega nord e Fpö austriaco”. Tra Putin e l’estrema destra i legami sono forti in due settori. “Primo: il grande spazio che viene dato a esponenti di questi movimenti su media legati al Cremlino tipo Sputnik, Rt o Voice of Russia. Secondo: l’impiego di osservatori provenienti da questi o altri movimenti per dare una patina di legittimità ad appuntamenti elettorali la cui legittimità sarebbe invece piuttosto dubbia, dall’Abkhazia alla Transnistria passando per l’Ossezia del sud, la Crimea o il Donbass. Entrambi questi strumenti servono per dimostrare all’opinione pubblica interna che non è vero che Putin è isolato”. Per questo è risuonato ancora più forte il messaggio del presidente francese Emmanuel Macron contro “gli organi di influenza” dei russi, proprio mentre accanto a lui c’era Putin.
Mentre si sottolineano anche il filoputinismo che abita le sinistre – il Labour di Jeremy Corbyn in testa – resta la contraddizione tra la retorica antifascista che la Russia continua a ostentare e le alleanze con partiti che col fascismo hanno una qualche contiguità. Shekhovtsov torna al manuale, “sfruttare ogni possibile contraddizione del nemico. A un decennio dalla Grande guerra patriottica, l’Urss comunista non ebbe il minimo scrupolo a finanziare gruppi neonazisti tedeschi, pur di ostacolare l’adesione tedesca alla Nato. E poi, nella retorica risalente ai tempi dell’Urss, fascista significa semplicemente nemico della Russia. Se un fascista diventa amico, allora cessa di essere considerato fascista. Per definizione”.